Visione della pesca subacquea

Questo articolo integra "Visione del pescatore subacqueo" nel quale ho affrontato, in prevalenza, i problemi relativi alla fisiologia della visione del pescatore in apnea, mentre è ugualmente importante sapere dove guardare, ovvero la strategia della esplorazione visiva: scovare il pesce con lo sguardo indirizzato nei punti topici dove egli può improvvisamente apparire.

Dopo aver organizzato corsi di pesca subacquea per alcuni anni, mi sono reso conto che l'esplorazione visiva del circondario subacqueo, quello che ho definito "l'avvistamento" nelle tre fasi dell'azione di pesca all'agguato:

avvistamento

avvicinamento

cattura

apparentemente la fase meno importante della caccia, è invece uno scoglio durissimo da superare per molti pescatori che non arrivano a catture interessanti perché, anche in tecniche di pesca diverse dall'agguato, nell'intento di scoprire tempestivamente il pesce da catturare, hanno un modo inefficace di scrutare l'ambiente sottomarino. L'argomento, in generale, è poco considerato dai pescatori anche di livello, perché si dà per scontato che il pescatore sappia guardarsi intorno, invece le strategie di perlustrazione subacquea sono molto diverse tra un pescatore e l'altro, per alcuni sono strategie visuali molto sofisticate che fanno una differenza sostanziale anche nel carniere a fine battuta di pesca.

Voglio fare un primo esempio:

I miei ricordi vanno a molti anni fa, quando condividevo l'esperienza delle mie battute di pesca con Massimino uno dei miei primi ammiratori e allievi, ora clienti.

Anni '80, pescavamo con la tecnica a "staffetta" lungo la costa ovest di Capo di Feno al sud della Corsica, non era stata ancora inventata la "trainetta" e il sotto costa era sovrappopolato di pesce al punto che non tiravo i saraghi per non compromettere la cattura di una bella spigola o di un'orata.

Attraversavamo le bocche di Bonifacio con uno Zodiac 420 con un 15 CV ed eravamo forse tra i primi a compiere questa traversata per realizzare la battuta di pesca giornaliera e ritornare nella stessa mattinata a Santa Teresa, porto più settentrionale della Sardegna.

Per farla breve Massimino non vedeva un pesce di buona taglia, mentre io riuscivo a inanellare un bel pesce dopo l'altro, al punto da sentirmi in imbarazzo perché si poteva supporre che affidassi al mio compagno i tratti costa meno pescosi.

Confrontandoci la buttammo sulla sfiga e gli lasciai scegliere le zone dove pescare senza però cambiare il risultato finale.

Così, senza che se ne accorgesse ho seguito da lontano i suoi spostamenti per capire in cosa potesse sbagliare, in effetti, si teneva troppo al largo rispetto alle "coperture" che poteva offrire la costa.

Tenendosi allo scoperto la fase dell'avvistamento era compromessa: il pesce di buona taglia (più esperto e diffidente) riusciva a sgattaiolare senza essere visto.

A quei tempi io non avevo ancora formulato i canoni dell'agguato e le mie strategie si sviluppavano molto istintivamente secondo gli schemi dettati dall'esperienza di catture precedenti, non sapevo neppure di praticare la strategia dell'agguato, nella quale: se non si riesce a vedere il pesce in tempo utile per approntare una strategia opportuna di avvicinamento, qualunque azione di caccia sfuma miseramente, non comincia neanche...

Un secondo esempio:

La personale didattica dei miei corsi di pesca con tre allievi alla volta prevedeva una prima fase di mia esibizione della strategia di agguato dalla superficie (la più semplice ed intuitiva perché tutti e tre gli allievi potevano assistere da dietro le mie pinne alla azione di caccia), poi formavo due coppie nelle quali un allievo stava davanti e ripeteva gli schemi d'azione che avevo insegnato, mentre il compagno dietro, a fucile scarico, doveva correggere o assecondare l'altro allievo nel ruolo di cacciatore.

Nel ruolo di maestro correttore, all'inizio del corso ero veramente assillante, dovevo tirare per le pinne l'allievo ogni momento per correggere soprattutto errori di esplorazione visiva: la maggior parte teneva la testa fissa guardando solo in avanti, quando spesso i pesci si trovavano alla base del pendio roccioso che caratterizza quasi tutte le nostre coste, in alcuni casi si trovava addirittura dietro perché al nostro passaggio (troppo veloce) in superficie, il pesce era coperto alla nostra visuale da una roccia. Da queste situazioni è sorto il mio suggerimento di effettuare delle soste nei cosiddetti "punti topici" dai quali esplorare parti della costa anche già esplorate.

In definitiva, l'esplorazione visiva è alla base di tutta la disciplina della pesca in apnea!

Non solo per la strategia dell'agguato, anche per la pesca all'aspetto e perché no, quella in tana (quante volte abbiamo sentito dire: " in tana bisogna saper dove guardare").

Un limite anatomico e tecnico rende questa esplorazione problematica: abbiamo gli occhi disposti frontalmente e siamo costretti ad usare la mascherina subacquea che limita la visione laterale!

Il primo limite anatomico si supera grazie al collo e alla rotazione della testa, il secondo con mascherine che offrano un ampio angolo visivo. Spesso si deve trovare un compromesso tra la visualità della mascherina e il volume interno ridotto, necessario per non dover insufflare dal naso troppa aria man mano che avanziamo verso il fondo e la pressione della colonna d'acqua comprime l'aria dentro la maschera schiacciandola sul viso.

Questi limiti oggettivi ci obbligano a dover girare la testa in continuazione rischiando di farci individuare dal pesce per due ragioni, la prima è dovuta al fatto che qualunque movimento rapido sviluppato vicino al fondo che allerta ogni preda ( a questo riguardo consiglio un movimento lento, cadenzato sul ritmo della risacca), la seconda dipende da un fenomeno fisico che ho descritto in un vecchio articolo :i riflessi sui vetri della maschera che emettono bagliori poco rassicuranti per il pesce.

Per non fare un discorso generale che può chiarire poco l'argomento, sviluppo come impostare la strategia della visione subacquea in due tipologie di caccia e di fondale:

1) Secche rocciose al largo della costa

Durante la discesa verso il fondo, la testa deve ruotare fino a esplorare a 360° l'area intorno alla verticale della immersione, finché è possibile, si fa con il collo (approssimativamente esplorando a 180°) , poi si ruota tutto il corpo in una discesa parzialmente a spirale.

Questa prima esplorazione oltre a servire ad individuare il pesce offre le prime indicazioni sui punti opportuni di atterraggio e di "posta" per la pesca all'aspetto, ma anche di partenza per un itinerario di agguato (sviluppato tra varie "coperture" o in prossimità di zone "topiche " per l'incontro con le prede).

Atterrati sul fondo, ritengo questa situazione di esplorazione la più difficile, perché il pesce può avvicinarsi ed apparire da qualunque parte del circondario, solo l'esperienza di battute di pesca precedenti può aiutarci nello "stimare" una direzione preferenziale (rilevata statisticamente) ed è in questa direzione che si dovrà disporre l'asse longitudinale del corpo del pescatore. Una attenzione particolare va rivolta alla posizione del sole, soprattutto se la zona non è profonda e l'effetto dei raggi solari come intensità è ancora sensibile: se la direzione prescelta è contro-sole indirizzate il braccio in questa direzione ma non la testa. Mai il sole perpendicolare ai vetri della maschera! Meglio controllare quella direzione con la "coda dell'occhio" o inclinando la testa verso il basso (pensate sempre alla direzione che prenderanno i raggi riflessi sui vetri della vostra maschera).

Sia in movimento all'agguato, sia fermi all'aspetto, in questa situazione è opportuno girare la testa in tutte le direzioni.

Può essere scomodo guardare anche nella direzione delle pinne, ma, a volte è necessario... non scrivo quanti pesci ho catturato sdraiato sulla schiena dopo aver tirato col fucile tra le gambe.

Sono convinto che la maggior parte dei pescatori, in questa tipologia di fondale, veda la metà del pesce che vede il pescatore esperto nell'impostare una corretta strategia visiva di esplorazione.

Non è raro il caso di accorgersi del pesce in risalita, o di girarsi con la sensazione di essere osservati per vedere da molto vicino un dentice che curiosa intorno alle pinne, il fucile, naturalmente, puntato da tutta altra parte.

In conclusione, da una rapida ed efficace esplorazione del circondario dipende la tempestività nella impostazione del braccio e del fucile nella giusta direzione di puntamento!

Le prime immersioni sulle secche sono sempre problematiche dal punto di vista dell'esplorazione visiva perché come ho scritto obbligano il pescatore ad un controllo a 360 °, ma le successive, se si procede con metodo nell'esplorazione, possono ridursi alla sola area frontale perché si presuppone che alle spalle la zona sia stata già ispezionata e non vi sia alcun pesce.

Cosa vuol dire esplorare con metodo?

Vuol dire non nuotare istericamente da un punto all'altro della secca, a caso, ma stabilire un itinerario di ispezione con tuffi distanziati in superficie di una ventina di metri uno dall'altro. Non si guarda nella direzione del tuffo precedente...ma solo in avanti, approssimativamente, con apertura del settore di indagine a 180°, quindi con movimento della testa: destra –sinistra e busto immobile. Il vantaggio di tenere il busto fermo è facilmente intuibile soprattutto se si insidiano specie diffidenti come il dentice.

I movimenti saccadici, di solito, sono involontari, ma se la vostra coscienza lo impone, possono svilupparsi secondo una sequenza mirata, volontaria (ed è consigliabile correggere impostazioni anarchiche e casuali).

A questo riguardo impostate la saccade in funzione delle specie di prede che , per esperienza, stimate possono presentarsi: se si tratta di dentici la saccade si svilupperà nella fascia della colonna d'acqua appena sopra il fondo, così come per l'orata e ancor più in alto per la ricciola, ma se vi aspettate di incontrare una cernia indirizzate i movimenti saccadici molto in basso, sul fondo, tra le rocce.

Per queste operazioni bisogna avere una grande consapevolezza della posizione del nostro corpo nello spazio acquatico e un grande senso dell'orientamento, quando l'acqua è torbida e non si vede il fondo è bene orientarsi con dei riferimenti in terra (mire), per evitare di immergersi in una zona del fondale già ispezionata.

2) Agguato dalla superficie

In questa strategia di pesca dalla superficie lungo il profilo della costa, prima di tutto, si decide in quale direzione procedere nella battuta di pesca: sole alle spalle, possibilmente controcorrente e col braccio che impugna il fucile dalla parte del mare aperto.

Il sole alle spalle favorisce l'esplorazione visiva del pescatore e danneggia il rilevamento visivo da parte della preda.

Altra questione da definire, in questo caso, è la velocità di esplorazione (quanto veloci si nuota): ho già consigliato di prendere come riferimento il ritmo della risacca e il movimento delle onde, i pesci sono abituati a vedere muovere gli oggetti galleggianti con quella velocità (sacchetti della spazzatura, legni e qualsiasi altra cosa sia finita in mare) che è anche la stessa dello spostamento delle foglie della posidonia o di alghe come la cystoseira.

La velocità con la quale si procede lungo la costa è fondamentale per l'avvistamento del pesce!

Sempre citando la mia esperienza dei corsi di pesca: tutti gli allievi nuotavano troppo velocemente, quindi, rallentate! E se vi sembra di andare piano, rallentate ancora di più... quella sarà la giusta andatura.

Non tutti i punti della costa sono i più indicati per l'esplorazione visiva, con l'esperienza riuscirete a capire che alcune zone sono migliori per realizzare avvistamenti fruttiferi (l'avvistamento del pesce che scappa non serve a niente), ho definito queste zone particolari: "punti topici".

In questi punti la pausa d'osservazione è di rito!

Conosco pescatori che ci passano decine di minuti e quando c'è corrente fanno un aspetto continuato dalla superficie (meglio guardando nella direzione degli spostamenti dei primi branchi di pesci che capitano che può essere sia in corrente , sia controcorrente), riuscendo a inanellare spigole o cefali anche dalla stessa postazione.

La strategia di perlustrazione non deve trascurare nessun punto della colonna d'acqua: un sarago può trovarsi alla base del pendio che si sviluppa sott'acqua, quindi nel punto più fondo, ma si può incontrare il branco di cefali che nuota in superficie mangiando il plancton che galleggia, uscendo a volte anche con il uso fuori dall'acqua.

Perlustrare tutta l'altezza della colonna d'acqua richiede tempo e metodo, col vantaggio di non doverci guardare alle spalle, come capita invece nelle secche al largo della costa: alle spalle abbiamo la parete rocciosa e tutto il tempo che vogliamo per l'ispezione dato che non siamo in apnea e la perlustrazione avviene da galla. La testa si gira sul collo con un settore di 180°, i movimenti saccadici rivolti alla parte della colonna d'acqua che sta dando i migliori risultati venatori, dopo una decina di minuti di pesca riusciamo a capire indicativamente quali saranno le prede di giornata.

Non è necessario guardare le zone che abbiamo appena passato tranne nel caso di un primo controllo affrettato a velocità di nuoto eccessiva, perciò, l'indagine visiva può essere accurata anche a distanza dalla parete. A volte il pesce lontano si rileva solo con una "specchiata" (riflesso dei raggi luminosi sulla sua livrea ) un momento non si scorge nulla, un attimo dopo il pesce si muove ed ecco la specchiata rivelatrice.

Ogni tipologia di costa ed ogni tecnica di pesca, richiede una diversa strategia di esplorazione visiva da parte del pescatore subacqueo che sarebbe lungo e noioso sviluppare caso per caso, tuttavia, l'esemplificazione riportata sopra può offrire gli spunti di riflessione per adottare la migliore tecnica di esplorazione anche in casi differenti da quelli descritti.