Un terzo dei pesci pescati i mare dalla pesca industriale viene ributtato in mare ormai morto senza contare i danni collaterali che riguardano tartarughe e cetacei.
La pesca a strascico ha il record di questo insano comportamento: ributta in mare dal 30% al 90% di ciò che raccoglie sul fondo (perché non è una vera pesca ma una raccolta indiscriminata di ciò che resta intrappolato nel sacco dello strascico).
Più del 70 % degli stock ittici dei mari europei impoveriti dall'eccessivo prelievo delle reti.
Questi sono i dati dei quali si parlerà il 27 maggio a Genova alla Slow Fish organizzata da Slow Food presente la commissaria europea per la pesca Maria Damanaki.
Cos'è Slow Food ?
Da Wikipedia: Slow Food è un'associazione internazionale senza scopo di lucro nata in Italia, a Bra nel 1986 che si pone come obiettivo la promozione del diritto a vivere il pasto come un piacere. Fondata da Carlo Petrini e pensata come risposta al dilagare del fast food e alla frenesia della vita moderna.
Slow Food studia, difende e divulga le tradizioni agricole ed eno-gastronomiche di ogni parte del mondo.
Il 10 dicembre 1989, all'Opéra-Comique di Parigi, nasce ufficialmente il movimento internazionale per la Difesa e il Diritto al Piacere. Sottoscrivono il Manifesto delegati provenienti da: Argentina, Austria, Brasile, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Italia, Olanda, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Ungheria, Venezuela.
Tra i fondatori : Folco Portinari, Carlo Petrini, Stefano Bonilli, Valentino Parlato, Gerardo Chiaromonte, Dario Fo, Francesco Guccini, Gina Lagorio, Enrico Menduni, Antonio Porta, Ermete Realacci, Gianni Sassi, Sergio Staino
Dal suo manifesto: "La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la vita veloce, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei fast food".
In questo contesto come si colloca la nostra attività di pescatori in apnea che uniscono alla pulsione per la caccia in mare quella dell'alimentazione del pesce catturato con le proprie mani?
A volte un'ora di immersioni per concludere la cattura di un pesce che finirà sulla tavola dopo il rito dell'eviscerazione in mare, la desquamazione, la preparazione di una preda catturata nel rispetto dell'animale e di una cattura sostenibile: "prendo solo ciò che mi serve per l'alimentazione personale".
Siamo i primi sostenitori inconsci della cultura "Slow Food" movimento da contrapporre al WWF che da sempre ci confina nel ruolo di killer del mare, come "loschi individui vestiti di nero" così descritti sul Corriere della Sera da Fulco Pratesi fondatore del WWF Italia, messi alla gogna mediatica perché uccidiamo gli animali, a dir loro, per diletto.
In questo contesto, sono certo, non si parlerà di noi, del nostro prelievo sostenibile perché l'integralismo culturale dominante, anche nella versione Slow Food nonostante la critica ad un certo consumismo, non riscatta le persone che si procurano il cibo con le proprie mani nella pesca e nella raccolta dei frutti della terra, come l'uomo ha fatto dalle sue origini per centinaia di migliaia di anni.
Siamo le vittime culturali della rivoluzione iniziata circa 10.000 anni fa, quando la caccia e la raccolta è stata progressivamente sostituita dall'allevamento e dall'agricoltura.