n.20 - Diario di pesca

Anche questa estate, per un grave inconveniente tecnico capitato alla mia
attrezzatura di video-ripresa a fine di maggio, sono in ritardo nella
realizzazione del video sull’aspetto dinamico al dentice.
Da molti pescatori subacquei la stagione della cattura dei dentici, nel mese di
agosto, viene considerata ormai quasi conclusa.
Ricordo cosa disse il mio amico Luciano (campione del mondo di pesca
subacquea di qualche anno fa) a Sheilo Pisciottu, l’operatore col quale
successivamente ho realizzato il video “l’agguato profondo”, in occasione del
loro primo contatto:
“Ad agosto smetto sempre di pescare perché è un mese poco pescoso, il pesce
sprofonda ed il traffico nautico rende troppo rischiosa la pesca subacquea.”
Osservazione giusta e che nel passato condividevo anche io ritenendo questo
periodo poco propizio per l’attività venatoria subacquea.
Il mare però è un universo in continua evoluzione, le sue regole vengono
sconvolte da fattori spesso incomprensibili a noi terrestri e quest’anno l’inizio di
agosto si sta rivelando insolitamente ricco di dentici e di sparidi in generale, al
punto che non dispero di arrivare a terminare la mia opera in video, già
rinviata l’anno scorso.
In questa stagione, in molte zone dove arriviamo solitamente con le nostre
immersioni, il mare non presenta alcun termoclino.
A volte, questo si instaura intorno ai 27/28 metri di profondità con uno scarso
gradiente termico, per cui si può dire che non si crea quella situazione che
spinge i pesci (soprattutto i predatori) sopra il “taglio dell’acqua fredda.
Le specie ittiche possono, così, spostarsi verticalmente lungo la colonna
d’acqua trovando sempre, nella temperatura dell’ambiente, le condizioni
ottimali per le loro funzioni vitali fondamentali.
Molte “famiglie”, perciò, preferiscono trovare rifugio stabile a quote più
profonde (25/40 metri) rispetto a quelle occupate nei mesi precedenti: i dentici
cacciano intorno ai sommi e alle guglie che si ergono come cattedrali,
spaziando dai 20 ai 40 metri di fondo su areali molto vasti, mentre i saraghi si
stabiliscono in branchi numerosi intorno a formazioni rocciose isolate (in questo
lato della Sardegna, per lo più formate da conglomerati di granito).
E’ interessante notare come si produca un impercettibile spostamento del
baricentro degli areali di caccia, verso zone più profonde, man mano che la
pressione, soprattutto della pesca subacquea, allontana anche con un modesto
prelievo il nucleo centrale di un branco (anche i tramagli comunque producono
lo stesso effetto).
Ho già verificato un affondamento generalizzato del campo di azione di molte
specie, in numerose secche conosciute da tempo, che un mese fa, per effetto
dell’azione del primo termoclino ancora alto rispetto al fondo, brulicavano di
pesce proprio intorno ai loro punti più vicini alla superficie.
Ritrovo gli stessi branchi una volta concentrati addirittura lungo le pareti delle
guglie, sui pianori sottostanti a dieci/venti metri di dislivello ed a qualche
centinaia di metri di distanza.
Come organizzo, allora, le mie battute di pesca in questo periodo e con tale
situazione?
Mi alzo prima dell’alba alle 4.30 per essere operativo in acqua alle 6 e
terminare la mia battuta di pesca alle 10 circa, quando le imbarcazioni da
diporto iniziano ad uscire dalle “tane” con il loro “bagaglio” umano, per
guadagnare il mare aperto a godersi il fresco, solcando con le eliche le onde e
le nostre schiene.
Sfrutto le mie conoscenze di alcune zone profonde, in genere inesplorate, che
per il resto dell’anno non ho violato.
Sono pianori vicini ai 30 metri dalla superficie, picchi e guglie che si impennano
dai 40 metri di fondo fino ai 25/30 metri, ultimi rifugi per saraghi e corvine,
intorno ai quali spesso si aggregano dentici, piccoli branchi di ricciole e qualche
orata di grosse dimensioni.
Il primo contatto annuale con queste zone mitiche è sempre entusiasmante
perché le varie specie difettano geneticamente nella “memoria di lungo
periodo” e si comportano come se non conoscessero il pescatore subacqueo.
Per godere dell’abbondanza di pesce in queste località segrete devo effettuare
al massimo due battute di pesca, debitamente intervallate, poi sono costretto a
cambiare zona: è perfettamente inutile insistere perché i pesci superstiti si
riducono a pochi esemplari, il grosso del branco, infatti, si sposta già alla prima
immersione ed è più producente fare un po’ di ricerca e trovare un nuovo sito,
vergine per la stagione in corso.
Con un po’ di pazienza, ogni anno aggiungo una decina di zone nuove a quelle
già note, il tipo di fondale del nord della Sardegna si presta a creare questi
rifugi profondi anche perché può contare su una piattaforma molto ampia sulla
batimetria dei 35/40 metri di profondità con numerose formazioni “Rock beach”
(spiagge pietrificate di lontani periodi geologici).
E’ storia di questi giorni la mia scoperta di una formazione granitica isolata
sulla sabbia, lontana un miglio circa dalla costa.
Non conoscendone la struttura e la disposizione delle rocce, giunto sul fondo,
ho compiuto l’errore di cadere nel mezzo di un banco di pesci: un insieme
promiscuo di dentici e saraghi delle tre varietà principali e di un’orata (un
verminoso assembramento di pesci!).
I dentici si sono subito aperti in un’ampia spirale senza tornare ad esercitare il
loro controllo territoriale intorno al mio appostamento, trascinando via tutti gli
altri, così il primo “tuffo” si è concluso con un “niente di fatto”.
La seconda immersione sempre nel tentativo di eccitare i nobili predoni, mi ha
trovato ancora nel ruolo di “voyeur”, lasciando vuoto il cavetto portapesci.
Ho iniziato allora a dedicarmi con metodo al tiro a segno sui saraghi: ogni
“caduta” un pesce!
Improvvisamente, tutta la fauna è sparita, solo qualche fasciato “sotto taglia” a
circolare inquieto, entrando e uscendo da qualche spaccatura.
Sono quelle situazioni che stimolano la mia intelligenza venatoria, procurando
soddisfazioni o delusioni cocenti, a seconda dell’esito finale della battuta di
pesca.
Ho adottato, allora, la strategia di fermarmi dieci metri sopra il fondo per
controllare minuziosamente ogni dettaglio di questa misteriosa e, al momento,
improduttiva formazione rocciosa a 28 metri di profondità.
Finalmente, due saraghetti sul bordo di una struttura rocciosa, al limite della
sabbia, hanno svelato l’enigma del pesce scomparso: ogni tanto sparivano e
riapparivano rivelando l’esistenza di un doppio fondo che non si poteva
individuare dall’alto.
Affacciatomi ad una stretta e
lunga spaccatura con sabbia
pulita alla sua base, ho
dovuto ricredermi
sull’abbondanza di pesce nel
Mediterraneo, basti dire che
con un solo tiro sono riuscito
a catturare cinque saraghi il
più piccolo di sei etti il più
grosso di un chilo e cento, ma
dentro, ho valutato vi fossero
concentrati 7/8 quintali di pesce.
Un “agonista” di mia conoscenza avrebbe fatto una strage, al contrario, ho
preferito sospendere il prelievo per poter pescare in quel gruppo di sassi, come
su molti altri che conosco, anche nel futuro, con lo stesso successo e con la
medesima abbondanza.
Un prelievo sconsiderato, fra l’altro, avrebbe prodotto l’allontanamento dei
sopravvissuti verso zone ancora più profonde e inaccessibili.
Questa è la storia del sotto costa mediterraneo prospiciente le nazioni
“progredite” nella pesca subacquea.
Così dopo quel tiro fortunato ho salpato l’ancora e mi sono spostato su un altro
gruppo roccioso poco distante dove purtroppo non si è riproposta la stessa
situazione (ma va bene così!).
Qual è stato, invece, il comportamento dei dentici, in questo periodo?
Precisando innanzitutto che le abitudini dei pesci sono condizionate dalla
tipologia delle zone nelle quali vivono, nel nord della Sardegna ed nel sud della
Corsica, man mano che il termoclino scende a quote più profonde anche la
zona di caccia dei dentici sprofonda, come ho potuto appurare anche dai
resoconti dei pescatori alla traina (infaticabili pescatori di dentici, possono
“ferrare” anche più di dieci esemplari nello stesso branco).
Pescando a quote più profonde, oltre a ritrovare gli stessi pesci che qualche
mese prima sfioravano i cappelli delle secche, mi capita a volte di incontrare il
“grosso” dei branchi, quindi contare anche più di cento esemplari in un
avvistamento, con individui che superano i 6/7 chili.
Ho iniziato, così, il primo di agosto con la cattura di due dentici di 4,3 e di 6
chili, poi il giorno successivo altri due, 3,7 e 6,5 chili. Il 3 di agosto un altro
pescione di 6,3 chili, constatando un’abbondanza di questo sparide per la
stagione in corso, fuori del comune!
Anche nei mesi precedenti le catture dei dentici non erano mancate, ma
dovendo completare le riprese del mio nuovo video, ovviamente, in questi
giorni ho battuto solo le zone che per esperienza so essere le loro zone abituali
di caccia.
Non ho ancora esaurito il controllo di tutti i campi di azione dei dentici che
conosco, ma i giorni successivi alle splendide catture ho solo arpionato
esemplari di taglia modesta.
Sono curioso di verificare se anche quest’anno, proseguendo nella stagione, la
taglia dei pesci catturati diminuirà come negli anni scorsi, presumo per
ulteriore affondamento dei grossi capi branco.
Questi, però, restano in zona perché quando non si catturano più con la pesca
subacquea, vengono catturati, poco distante, a quaranta metri di profondità,
con la pesca alla traina.
Giorgio Dapiran