n.08 - Diario di pesca

17 Giugno, 2000

Sabato 17 giugno, ho in programma una
battuta di pesca sul lato nord/orientale della
Sardegna con Lucio Pappadà: ci siamo
conosciuti ed è nata un’amicizia, attraverso
Internet, conseguentemente alla mia
collaborazione con la Mailing List di
PESCASUB.
Il giorno precedente nel tratto di costa tra
Santa Teresa e valle dell’Erica ( Porto Pozzo)
avevamo trovato delle condizioni meteomarine particolari che avevano influito
negativamente sul nostro carniere: un termoclino molto alto, abbondante
sospensione e sul fondo, acqua gelida.
Da diversi anni ho maturato la convinzione che tutte le specie si trovino più a
loro agio nell’acqua calda e trasparente, così, la mia ricerca spesso si spinge ad
individuare le zone calde, preferibilmente alimentate da una leggera corrente.
Il lato orientale della Sardegna, innegabilmente, tende a scaldarsi prima
perché è a ridosso dalle perturbazioni fredde del Maestrale.
Per la pesca subacquea, però, Il fondale orientale non è interessante come
quello del lato nord/occidentale: abbondanti praterie di posidonie e ampi tratti
di sabbia intorno a poche isole rocciose, rendono monotono il paesaggio
sottomarino e non offrono quel rifugio, indispensabile alle specie ittiche per
stabilirsi stabilmente in una zona.
Tutta questa costa ha uno scarso ricambio di pesce ed è necessario
intervallarvi, nel tempo, le battute di pesca.
Un pescatore intelligente non torna mai nello stesso posto con insistenza,
soprattutto se questo è circondato da grandi tratti sabbiosi!
Usciamo da Porto Cervo con il piccolo gommone, giallo, rattoppato, a chiglia
pneumatica, quest’anno testimone di grandi imprese.
E’ una giornata senza vento, serena come la mia vita da uomo libero.
Mentalmente ripasso le zone interdette: il Parco dell’arcipelago de La
Maddalena ha fagocitato quasi 100, dei miei posti abituali di pesca,
costringendomi a calcoli cartografici estenuanti .
Iniziamo a metà tra l’isola della Pecora (vicina a Caprera) e l’isola delle Bisce:
una secca che arriva a 10/15 metri dalla superficie e per buona parte è
all’interno del parco.
L’acqua è calda, ma la sua trasparenza non supera i 15 metri di profondità, più
a fondo, una leggera sospensione rende l’immersione inquietante e dalle
aspettative poco attraenti.
Entrambi avvistiamo poco pesce e di taglia modesta, l’unica sorpresa sono le
piccole cernie, di un chilo di peso, o poco più, che ci osservano in candela
durante la discesa e ci scrutano da lontano quando ci fermiamo per un aspetto.
E’ un primo approccio e non mi scoraggio, dopo tre quarti d’ora ci spostiamo
sul cappello di una secca davanti a Baia Sardinia.
Qui l’acqua è ancora più torbida, man mano che ci addentriamo nel golfo di
Arzachena la sospensione aumenta.
Questa secca di roccia granitica del diametro di 50 metri, ha il cappello intorno
ai 20 metri di profondità e finisce a 27 metri sulla sabbia.
Alla prima immersione scorgo una ventina di saraghi di media taglia muoversi
nervosi dal sommo verso le pendici.
Ne catturo uno in caduta, ma faccio fatica a ritrovare visivamente la secca dalla
superficie e istintivamente, sento che in questo posto non ci sono ancora le
condizioni ideali per realizzare un buon carniere.
La conferma mi arriva dal resoconto di Lucio che prova una planata sul sommo
e vede uno sparuto branco di corvine che si aggirano nervose, tra roccia e
sabbia.
Cambiamo ancora posto, sono cosciente che devo uscire dal golfo se voglio
trovare l’acqua più pulita.
Nello spostamento notiamo un gommone con altri due pescatori subacquei che
si stanno immergendo nel nostro primo posto e mi chiedo se rispetteranno le
cerniotte…
In questa terza zona, tra l’isola della Pecora e Capo Ferro, noto un leggero
cambiamento: vicino a dov’è atterrata l’ancora, un gruppetto di corvine
staziona tranquillo fuori da una tana, è una cattura semplice e vista la modesta
profondità lascio che Lucio si cimenti in un agguato.
Per non metterlo a disagio mi allontano per controllare la presenza del pesce
sul resto della secca. E’ simile a quella della prima immersione, ma per la
prima volta un gruppetto di dentici si avvicina provenendo dalla parte più alta
della secca.
Sono esemplari giovani e affamati, ma non del tutto tranquilli: è necessario un
altro spostamento!
Il Maestrale del giorno precedente si sta progressivamente placando, così
navigo verso il largo in direzione della strisciata più orientale della secca delle
Bisce.
Lascio Lucio sui sommi a 15/17 metri di profondità, mentre io ne esploro i
margini.
Alla prima immersione dopo aver strisciato tra posidonie e roccia per una
decina di metri, mi affaccio su un canalone che termina sulla sabbia: le
castagnole si scostano al mio passaggio senza scarti, l’acqua è veramente
pulita e non percepisco alcun termoclino.
Appena sopra un sasso coperto dalla posidonia, appoggiato sui pendii di un
canyon subacqueo, immobile, staziona un branco di una trentina di corvine.
Mi fermo e osservo, valutando se è opportuno scivolare lungo la parete per
arrivare a tiro, quando quella più vicina mi viene incontro con
quell’atteggiamento arrogante che mi piace tanto.
Le altre la seguono fiduciose: in questi casi è importante sollecitare la prima ad
avvicinarsi, poi il gioco dell’aspetto è fatto!
Cerco l’allineamento tra due pesci e l’asta, poi scocco il tiro: ne catturo solo
una, ma è un esemplare di un chilo e mezzo.
Le altre si radunano sotto il sasso, così, il tuffo successivo plano
all’imboccatura della tana, in tempo per infilarne ancora una, dalla coda alla
testa, mentre sta per sgusciare e dileguarsi tra le foglie della posidonia.
Conosco questo canalone da più di 15 anni, mi regala sempre qualche corvina,
a volte anche una cernia.
Dieci metri più al largo, un gruppo di sassi sono il loro ultimo rifugio che
solitamente lascio inesplorato se ho già realizzato delle catture nella parte alta
del canalone.
Ho la sensazione di essere sul punto buono: castagnole, boghe ed altra
minutaglia sono abbondanti e distribuiti su tutta la colonna d’acqua.
Nonostante le immersioni successive non mi riservino altre catture, insisto
nella ricerca e mi allargo alla scoperta di cappelli isolati sulla sabbia.
Dopo due secche senza pesce plano su un sommo di roccia granitica con uno
spacco centrale verticale ed una serie di sassi che formano un ottimo rifugio,
infatti, tre cerniotte mi osservano in candela e poi scodano nervose: ad occhio
le ho già pesate, solo una supera i tre chili !
Il loro movimento, però, fa uscire dallo spacco un gruppo di corvine che si
mettono a produrre il loro caratteristico ticchettio di allarme.
Mi appoggio dolcemente sul fondo e percorro qualche metro dello spacco, sto
per scegliere la corvina più grossa quando vedo in lontananza un dentice che
punta deciso verso di me, attirato sicuramente anche dal rumore prodotto dagli
altri pesci.
Non lo lascio girare e lo infilo di tre quarti dalla testa verso la coda. Sei chili di
muscoli e di testa allo spiedo!
Ritorno al gommone per
sistemare al fresco la preda
e raccogliere Lucio: ho in
mente un altro punto della
stessa secca dove, forse,
troverò le stesse condizioni.
E’ come prevedevo, alla prima planata di osservazione, scorgo saraghi e
corvine che si muovono tranquilli tra gli scogli: sono quelle visioni che ti
riempiono di buonumore!
Non ho ancora analizzato, approfonditamente nel mio intimo, la ragione delle
sensazioni di piacere che provo pescando, ma quello dell’avvistamento della
preda è forse il godimento più intenso: mi ricorda lontanamente la sensazione
di gaiezza che provavo quando intuivo che una ragazza “ci stava“ e accettava il
mio corteggiamento.
La successiva conquista non mi offriva la stessa soddisfazione, analogamente,
nella pesca subacquea, la cattura vera e propria, a volte, per me è un inutile
corollario, mentre scoprire la preda… ( forse, senza rendermene conto,
invecchiando sono diventato un vojeur).
Con le corvine sono tremendo!
Quando le avvisto, inizio a strisciare fino ad arrivare loro a tiro, con una tecnica
di avvicinamento molto simile a quella del gatto con il piccione.
Questi agguati, inoltre, hanno il vantaggio di mettermi nella condizione di
scoprire altro pesce, infatti, all’ennesima corvina catturata, con la coda
dell’occhio, noto uno strano movimento sotto un sasso.
E’ una cernia di sette chili!
Come illustro nel mio video sull’agguato profondo, adotto la tecnica di
affacciarmi lentamente all’imboccatura della sua tana: lei spinta dall’istinto
territoriale mi punta e la trafiggo in mezzo agli occhi.