La didattica dei corsi

Nonostante abbia smesso di tenere corsi di pesca subacquea da diversi anni, dagli appassionati della nostra disciplina ricevo ancora molte richieste in merito.

Nel 2008 ho chiuso l'attività videografica per le ragioni arcinote della pirateria su Internet dei prodotti video, di conseguenza sta venendo a mancare anche questa mia fonte di informazione didattica.

Si è creata una discontinuità nella comunicazione delle mie tecniche di pesca che a dire il vero sono in continua evoluzione in rapporto alle mutate condizioni venatorie: rarefazione del pesce e maggior diffidenza dei pinnuti.

In questi ultimi anni ho privilegiato la mia attività di imprenditore, depositando brevetti sulle attrezzature subacquee ed indirizzando la mia filosofia di pesca nella produzione di una tecnologia alternativa a quella esistente, tuttavia mi dispiaccio di aver interrotto l'attività didattica, conscio dell'importanza di trasmettere alle nuove generazioni le tecniche e le strategie di pesca che dieci anni fa, con i miei primi video, hanno rivoluzionato l'approccio alla pesca per molti appassionati.

Non si evolvono le tecnologie degli attrezzi per la pesca se non si evolvono anche le strategie di pesca.

Ho cercato di mantenere vivo il filo didattico con i sostenitori del mio approccio alla pesca attraverso il forum aziendale il cui successo di visite è conferma dell'alto indice di gradimento delle mie teorie, sia per quanto riguarda le attrezzature che per le tecniche di pesca.

Il corso di pesca individuale e personalizzato, tuttavia, offre ben altra formazione tecnica: l'insegnamento pratico diretto in mare seguiti da un maestro è l'unico modo per correggere una impostazione sbagliata o per apprendere le tecniche più moderne.

Sono poco informato sul livello dell'insegnamento in questo campo da parte di altri pescatori che si offrono nel tenere corsi di questo tipo, ovviamente sono persone conosciute e devo dire che nel clima di rivalità e di invidia che si è creato in questi ultimi anni nei miei confronti, non godono né della mia simpatia, né del mio consenso didattico (per quello che può servire...).

Sopra tutto vale una considerazione: come nel settore dell'apnea, anche in quello della pesca si è creata una mercificazione dell'insegnamento da parte di persone che non hanno alcuna predisposizione mentale e culturale a svolgere un' attività didattica.

Sia sotto l'egida della Fipsas, sia vantando risultati agonistici, un Maestro deve avere delle nozioni da insegnare. Nel passato molti grandi campioni, purtroppo, non si sono rivelati grandi maestri!

Non si tratta di dimostrare di saper pescare in apnea, o di "accompagnare" qualche appassionato a pesca in posti conosciuti, ma di riuscire a trasmetterne i canoni di questa disciplina ad ampio raggio: le tecniche di caccia, l'etica, l'etologia delle specie cacciate, le tecnologie degli attrezzi più indicati nelle varie tecniche; comunicare, insomma, una vasta cultura che deve essere posseduta da chi ambisce insegnare.

Un altro fenomeno contraddistingue questo periodo ed affianca la mercificazione dell'insegnamento: riguarda l'illusione dell'appassionato che un corso di apnea possa supplire il corso di pesca, cioè che basti imparare a pescare più in profondità per raggiungere risultati venatori di maggior prestigio.

Non è saltando il lento progresso nella conquista delle quote di pesca che si migliorano le prestazioni venatorie, ma adattando le proprie capacità alle varie quote operative, agli attrezzi impiegati, alle tecniche e alle conoscenze del comportamento delle prede.

Ho mostrato in diversi video che si possono raggiungere ottimi carnieri a tutte le quote di pesca anche partendo dalla superficie disponendo dell'adeguato allenamento, del giusto attrezzo e delle conoscenze opportune.

Resta il fatto incontestabile che, in Italia, i praticanti della pesca subacquea ricreativa sentono l'esigenza di una vera "scuola" cui fare riferimento, senza fini competitivi.

La Fipsas infatti ha una sua didattica e dei corsi rivolti prevalentemente a formare nuovi atleti da indirizzare alle manifestazioni agonistiche (quindi una formazione venatoria rivolta alla pesca in apnea finalizzata alle competizioni), ma è opportuno rilevare che chi opera a livello agonistico rappresenta una minima parte dei pescatori subacquei e si muove con un'etica ed una ideologia completamente diversa, per citare delle cifre: forse un migliaio di agonisti contro centinaia di migliaia di praticanti ricreativi che non si riconoscono nell'etica discutibile delle classifiche su chi ammazza più pesci e di tecniche di pesca altrettanto discutibili.

L'attività dei corsi di pesca ricreativa, per ora, si svolge su iniziativa privata senza alcuna garanzia sulla qualità dell'insegnamento, credo perciò che raccontare come si sono svolti i miei corsi possa tracciare una linea didattica utile per chi si voglia impegnare nel difficile compito di insegnare a pescare in apnea.

La mia didattica

Premessa

La didattica di una disciplina antica e complessa espressione di una caccia ancestrale non può esimersi dall'esprimere alcuni concetti etici di fondo:

-Il principio di solidarietà in mare per gli eventuali compagni di pesca.

-Il rispetto delle specie cacciate, sia come tecnica di prelievo, sia per le taglie minime catturate.

Le leggi disarticolate e contestabili attualmente in vigore in Italia sono un ovvio riferimento, ma nell'insegnamento della mia didattica sono andato spesso al di là perché le leggi non stabiliscono, nel loro complesso, una morale di comportamento in mare.

Il Corso

Nel proseguo faccio riferimento alla tipologia dei corsi che ho tenuto per alcuni anni, ma non escludo che si possano giungere a risultati efficaci anche con altre organizzazioni logistiche e metodologiche.

Il corso tipo era organizzato ospitando presso la mia abitazione tre allievi alla volta e durava una settimana.

Alloggiati in una stanza appositamente arredata i tre allievi dividevano tutto dagli orari, in vero molto mattutini, ai pasti a base del pesce pescato, ma non solo.

La composizione del gruppo era del tutto casuale.

Questo tipo di organizzazione puntava a creare uno spirito di solidarietà nel gruppo pur nella diversità dei singoli partecipanti sia per esperienza e per età.

Ognuno portava la propria attrezzatura per la pesca in apnea e già nel confronto e nello scambio di impressioni sui singoli prodotti personali si stabiliva un contatto solidale nell'offerta di far provare ciò che agli altri era sconosciuto.

Ho scoraggiato da subito ogni forma di rivalità e/o supremazia tra gli allievi lasciando solo un simpatico sfottò per chi non catturava nulla (niente pesce ma " petto di pollo " per cena).

Anche se l'allievo era interessato all'apprendimento individuale delle strategie di pesca, si trovava a far parte di un gruppo e come accade nella vita di ogni pescatore, è formativo imparare a rapportarsi correttamente e con solidarietà rispetto agli altri che condividono l'identica passione.

La tradizione della caccia dei nostri antenati (quando la caccia aveva una funzione fondamentale nella società dei cacciatori-raccoglitori) prevedeva la solidarietà del gruppo di cacciatori e un affiatamento funzionale all'attività venatoria ed è a questo spirito che mi sono ispirato.

La mia didattica faceva riferimento principalmente alla strategia dell'agguato, intesa da me come madre di tutte le tecniche di pesca che venivano approfondite nei contesti specifici incontrati durante le battute di pesca guidate (aspetto, caduta, tana)

Avevo suddiviso la giornata nella lezione pratica mattutina e nella discussione pomeridiana di ciò che era avvenuto in mattinata. A questo seguiva una mia lezione teorica con supporto didattico audiovisivo sulle varie strategie e tecniche di pesca e sulle attrezzature subacquee necessarie.

I sei giorni di pesca guidata e di corso teorico si suddividevano in tre – quattro giorni di battute nel nord Sardegna (un giorno poteva anche capitare non si riuscisse a pescare) e due giorni di rifinitura in Corsica a Porto Pollo dove avevo messo a punto una logistica efficiente. L'abbondanza di pesce in Corsica metteva al sicuro gli allievi di avere ripetute occasioni per mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti.

La prima lezione in mare:

la sera precedente la prima lezione pratica si era già stabilito lo spessore della muta necessario ad una immersione confortevole e funzionale ad una battuta di pesca (era una indicazione, di massima, già fornita prima della partenza dell'allievo, al momento della prenotazione).

L'uscita in mare si avvaleva del supporto della mia logistica di pesca: due gommoni ormeggiati in località distinte che consentivano la battuta con qualunque condizione meteorologica, più un gommone sul carrello da portare al traino, quando fosse necessario per le condizioni del tempo trovare una terza zona d'immersione e principalmente per la trasferta in Corsica (allo scopo la mia organizzazione si occupava anche del permesso di pesca).

A volte si aggiungeva al gruppo anche un collaboratore che restava sul gommone in qualità di supporto tecnico.

Il primo argomento specificamente trattato in mare riguardava la zavorra, allo scopo portavo sul gommone più di una cintura, schienalini e cavigliere.

Questo argomento era trattato da me con particolare rilievo in quanto ritengo l'assetto del corpo in acqua, la prima vera questione tecnica da affrontare dal pescatore: non siamo "papere subacquee" ma cacciatori che ad ogni quota operativa deve trovarsi in perfetto equilibrio idrostatico.

Non esiste un'unica zavorra ottimale, ma ogni strategia di pesca necessita di una zavorra specifica.

Siccome la prima lezione si svolgeva col mare calmo (ne era stata specificamente scelta la zona), la prima lezione riguardava solitamente l'agguato dalla superficie e facevo eseguire ai tre allievi in successione un passaggio subacqueo lungo un tratto di costa in modo da controllare ed eventualmente correggere: la capovolta, la pinneggiata subacquea, la velocità di avanzamento, la sosta di perlustrazione nei punti topici.

In questo primo esercizio si evidenziavano gli errori più comuni commessi dagli allievi che avevano una cattiva impostazione nella distribuzione della zavorra.

In questa situazione operativa, io consigliavo agli allievi di partire con una zavorra per assetto negativo cioè in espirazione completa dovevano poter affondare senza dover fare la capriola, al riguardo, mostravo e insegnavo la "capovolta a delfinetto" che in sostanza è un affondamento delle spalle, senza sollevare i piedi dall'acqua, ma sollevando il bacino.

Questo ingresso in acqua è particolarmente silenzioso e tempestivo, consente l'immersione rapida dopo l'avvistamento della preda, sempre consigliabile perché il tiro in immersione, evitando lo sballottamento delle onde in superficie, risulta più preciso ed il puntamento più stabile.

In questa prima lezione, facevo eseguire anche la capovolta classica (le due pinne in aria), molto più dinamica della precedente, insegnando anche la tecnica del sollevamento di una sola pinna fuori dall'acqua decisamente meno "rumorosa" della capovolta classica.

Il secondo argomento della prima lezione riguardava la perlustrazione del fondo dalla superficie alla ricerca della preda e allo scopo formavo il "trenino": mi ponevo in testa al gruppo impugnando il fucile, dietro i tre allievi con il compito di osservare ciò che facevo e, possibilmente, non spaventare il pesce. In questa fase avevo modo di mostrare i "punti topici" di osservazione dove stazionare almeno una decina di secondi per evidenziare eventuali prede, nel contempo di sviluppare il concetto di "avanzamento a velocità non aggressiva".

Tutti concetti dell'agguato noti per essere stati espressi nei miei video.

Concetti come "copertura al rilevamento sensoriale del pesce", "sole alle spalle", "avanzamento con la trazione della mano sinistra","aggiramento o scavalcamento dell'ostacolo usato come copertura", insieme ad altre nozioni basilari dell'agguato erano mostrati in varie situazioni concrete e si concludevano con almeno due catture in diretta!

Il "trenino" durava almeno un'ora con molte soste nelle quali spiegavo ai tre allievi i passaggi fondamentali. Dopo questo passaggio didattico, formavo due coppie ciascuna con un solo fucile: io con un allievo e gli altri due allievi insieme: ognuno alternativamente si poneva nella veste di cacciatore, il compagno fungeva da correttore segnalando i pesci non visti , le azioni sbagliate, la velocità di avanzamento non idonea ecc.

Ripetevo perciò quello che avevo già mostrato, per un breve tratto ad un allievo solo con un rapporto diretto, poi l'allievo doveva passare davanti col fucile e mostrare quello che aveva imparato. Questa fase durava 45 minuti circa ed era preceduta dalla logistica della pesca a staffetta: due allievi ci lasciavano in un punto della costa e si allontanavano di 500 metri circa, ormeggiavano il gommone, entravano in acqua e procedevano in coppia. Raggiunto il gommone io e l'allievo andavamo a recuperare gli altri due e formavo un'altra coppia, a rotazione tutti gli allievi stavano con me 45 minuti ciascuno.

Sul gommone si svolgeva il dibattito su come si era svolta le "lezione" della coppia, con descrizione delle catture, delle eventuali padelle e degli avvistamenti.

La terza fase della prima lezione era l'applicazione individuale delle nozioni imparate senza il controllo di un maestro: due ore di pesca libera. Lasciavo ciascun allievo in un punto della costa con 500 metri di litorale da "battere" in una direzione prefissata e li recuperavo quando avevano finito.

Una nota: veder pescare e correggere il compagno davanti, assolve ad una funzione didattica molto importante perché focalizza l'attenzione dell'allievo sui possibili "difetti venatori" del compagno, che si traduce poi in autocritica in una fase propedeutica di auto-correzione.

Nel ritorno a casa , in macchina, e poi a pranzo si continuava a dibattere delle situazioni venatorie vissute con un confronto dialettico altamente formativo.

Prima lezione pomeridiana

Facendo riferimento alle situazioni nelle quali ci eravamo trovati la mattina, prendendo spunto dalle situazioni concrete, sviluppavo l'approfondimento teorico dei concetti espressi la mattina, sia collettivamente (trenino) che singolarmente (la pesca in coppia). La lezione toccava anche l'etologia delle specie cacciate, trucchi per vincere la diffidenza ed il rilevamento sensoriale dei pinnuti.

La cena era l'occasione, oltre che per mangiare ciò che avevamo catturato, anche per un breve corso di cucina del pesce, perché si mangia l'animale che si uccide, questo è lo scopo della caccia e chi ammazza salpe, mangia salpe!

Qualcuno non amava mangiare pesce, ma la mia compagna sapeva renderlo appetibile anche per chi aveva repulsione per questo cibo forse tra i più salutari.

Seconda lezione in mare

La seconda lezione si svolgeva sulla falsa riga della prima con l'esclusione della didattica sulla capovolta e la scelta della zavorra. Si passava subito a formare le coppie, questa volta cercando le condizioni del mare con moto ondoso leggermente mosso.

Lo scopo era di mostrare un'altra strategia, quella dell'agguato nel basso fondo distinto dall'agguato dalla superficie che parte dall'avvistamento del pesce da galla.

Nella nuova strategia si imposta una immersione nella quale si segue un "percorso mimetico" di avvicinamento al pesce sul fondo che può apparire in qualunque punto del nostro tragitto e deve trovarci pronti alla cattura.

Si iniziava dalla versione più semplice partendo dalla parete con aggiramento dello sperone di roccia e successivamente si proseguiva partendo più al largo con lo stesso schema strategico alternato con lo scavalcamento del masso. Con questa strategia è impossibile mostrare gli schemi con la disposizione degli allievi a trenino, tutti e quattro in immersione perchè si crea scompiglio, soprattutto se il gruppo non è ancora a

ffiatato.

In sostanza, sincronizzavo con l'allievo la discesa ed il percorso sul fondo che veniva discusso prima dell'immersione. In un primo momento ero io che mostravo lo schema ( una cattura era del tutto casuale), poi era l'allievo che guidava e conduceva lo schema di attacco. In questa seconda lezione ogni componente della coppia disponeva di un fucile ed è capitato che entrambi nella stessa immersione si giungesse alla cattura, soprattutto nel caso di branchi di cefali o nuvole di saraghi (la regola era che tirasse per primo l'allievo).

Il contatto subacqueo dei due pescatori era fisico: ci si toccava con la mano ed a gesti si mostrava il pesce o il tipo di azione da seguire.

La seconda lezione come risulta dalla descrizione era più complessa e se "non funzionava" dal punto di vista dell'affiatamento, si ripeteva la didattica della prima lezione demandando alla visione pomeridiana dei miei video l'approfondimento della mia tecnica di movimento sul fondo e gli schemi di caccia che adottavo più di frequente.

In questa fase si poneva il problema dell'allenamento degli allievi: a tutti era richiesto di non presentarsi a digiuno di una preparazione atletica di base e di un allenamento specifico all'apnea che poteva anche realizzarsi in piscina...Deve essere chiaro che per ottenere buoni risultati da un corso non bisogna presentarsi "bolsi" e fuori forma!

Alla seconda lezione purtroppo si evidenziavano i limiti tecnici dell'allievo (ho anche rischiato di essere sparato!) ed i difetti di aspettative: infatti molti, più che a fare un corso, venivano per una vacanza di pesca.

Chiarite queste aspettative individuali, chi era interessato ad un corso subiva maggiormente le mie pressioni didattiche: tirate di pinne in apnea, gomitate di allerta, cazziatoni in superficie quando si perdevano facili occasioni.

Chi veniva semplicemente a fare la vacanza di pesca perché fuori forma era ripreso successivamente (sotto il profilo didattico) nelle ultime giornate quando la forma fisica era migliorata.

Questo aspetto è cruciale: mai forzare l'allievo ad azioni che sono fuori dalla sua portata, mai imporre tragitti in apnea troppo lunghi per le possibilità dell'allievo che si evidenziavano quando si discuteva del percorso da galla - nulla era lasciato al caso. Mai porre il riferimento del tempo di apnea ed anche se alcuni si presentavano con il computer d'apnea ero solito ripetere che l'azione di caccia se ben condotta poteva risolversi anche in pochi secondi.

E' ovvio che più è lungo il percorso di ricerca sul fondo, maggiori sono le occasioni di cattura, ma ci sono fondali con massi e franate, con litorali frastagliati dove i percorsi sul fondo possono anche essere brevissimi prima di incontrare un pesce e concludere la propria immersione.

A questo proposito sceglievo le zone delle battute e spiegavo prima la morfologia che avremmo incontrato sul fondo e gli schemi che andavano adottati.

Seconda lezione pomeridiana

Nella seconda lezione teorica si saliva di livello tecnico e si entrava nella mia filosofia di pesca perché l'agguato nel basso fondo è una strategia più complessa dell'agguato dalla superficie. Il supporto audiovisivo diventava fondamentale anche se riguardava delle scene di caccia che non avevano avuto l'onore di diventare pubbliche, perché meno interessanti : approssimativamente un video di un'ora necessitava di cinque ore di riprese di catture minori.

Tutto questo materiale che sembrava "spazzatura" per un video da mettere in commercio era invece molto interessante, fondamentale, per la didattica di un corso ed arrivo a concludere che un corso senza video è un corso zoppo!

Nella lezione teorica si ripropongono e si discutono gli schemi con divagazioni etologiche, strategiche che evidenziano come la pesca subacquea sia un' arte complessa. Trovare il punto debole della preda, avere la sensibilità di individuarla in ogni situazione in cui ci si venga a trovare è l'arte della predazione che non abbiamo perso nel nostro comportamento istintivo, nonostante la civiltà dei consumi, ma che bisogna riscoprire dentro di noi. Allo scopo chi non pescava non mangiava pesce ma il disprezzato petto del volatile simbolo dell'allevamento.

Terza lezione in mare

La terza giornata del corso ripeteva lo schema delle coppie, ciascun componente con un fucile e, solo per chi lo richiedeva, poteva rivolgersi anche alla tecnica della pesca all'aspetto dato che questa tecnica era spesso usata nella fase finale della cattura con la strategia dell'agguato.

Poiché per tutti era importante "prendere pesce" cercavo una zona da battere che fosse ricca di pesce, a differenza delle prime due giorn

ate dove la costa battuta aveva in prevalenza funzioni didattiche. Le condizioni meteo, però, condizionavano questa fase quindi si adottavano le strategie in funzione delle condizioni del mare.

Terza lezione pomeridiana

Oltre a discutere le situazioni createsi nella lezione mattutina, che aveva sempre la precedenza, a questo punto iniziavo ad affrontare la questione delle attrezzature in generale, per scendere nel particolare dei fucili. Molti allievi infatti si presentavano con degli "sparalucertole" e visto che a questo livello ce ne sono di buoni e meno buoni, cercavo di essere il più obiettivo possibile compatibilmente con le mie teorie ed i miei studi, però in alcuni casi ho preferito fare delle riprese del tiro il giorno successivo per mostrare la balistica fasulla di certi attrezzi .

Non avevo tempo per sviluppare questa parte della didattica sugli attrezzi usando le riprese dei tiri in vasca, devo ammettere che al pomeriggio eravamo sempre "molto scoppiati" e la preparazione della vasca, le videocamere ecc, richiedeva una concentrazione mentale specifica che non avevo.

I tiri in vasca non facevano parte del corso anche se ricordo di averli presentati in qualche corso, quando il mare ti lasciava a casa perché era mosso da tutte le parti.

Anche l'uso della videocamera per riprendere gli errori tecnici dell'allievo non era usata sempre. Quando c'erano due soli allievi avevo più tempo a disposizione e portavo con me l'attrezzatura videografica, ma con tre allievi da seguire era praticamente impossibile usare uno strumento che invece si è rivelato utilissimo sotto il profilo didattico.

Insomma anche il mio corso aveva dei limiti, più che altro erano miei fisici, l'attività didattica andrebbe svolta a quarant'anni, ma non hai esperienza, a sessanta hai l'esperienza ma non hai le forze per fare tutto come andrebbe fatto...Alla fine c'è un compromesso!

A questo punto del corso, ma non necessariamente anche perché tutto si doveva svolgere tenendo conto delle condizioni del tempo, si teneva un giorno di riposo nel quale si riparava l'attrezzatura, si facevano piccole spese, insomma si prendeva fiato per il vernissage in Corsica.

Gli ultimi due giorni in Corsica

Non sarebbe stato necessario organizzare le due battute di pesca in Corsica per chiudere il mio corso, ma la presenza di pesce negli ultimi anni in Sardegna si era molto rarefatta ed avevo sentito l'esigenza di inserire la "trasferta" in terra corsa per poter offrire agli allievi un maggior numero di occasioni per applicare gli insegnamenti ricevuti, mettere in pratica gli schemi che avevo insegnato anche in altri fondali (se pur simili), rappresentava una giusta conferma della validità della mia didattica.

In un corso ipotetico svolto in altre zone, diverse dalla Sardegna o dalla Corsica, il successo della iniziativa è commisurato

al risultato venatorio oltre che didattico, quindi è possibile che certe coste non siano proprio idonee a tenervi un corso di pesca, anche con il migliore dei Maestri!

Nei giorni nei quali non si incontrava un pesce in Sardegna, ho cercato di simulare schemi di caccia "come se..." ma non ha funzionato; ero arrivato alla conclusione perciò che l'allievo aveva bisogno di vedere concretamente il pesce e come si configurava l'azione di caccia in presenza di esso.

Gli attacchi virtuali nella pesca subacquea funzionano poco e sono di scarsa utilità didattica, un corso di pesca con ciò che vi si insegna, deve essere soprattutto credibile.

Al riguardo dovevo sempre tenermi informato sulla presenza del pesce anche nelle coste corse perché chi organizza un corso di questo tipo non deve vendere fumo, è come organizzare un safari e non mostrare i leoni...

Negli ultimi due giorni, di cui troverete ampie cronache in alcuni miei diari di pesca, applicavo la didattica della pesca in coppia, saltando la mia fase dimostrativa, lasciando all'allievo la facoltà di mostrare nelle diverse e numerose situazioni di cattura che si presentavano la sua creatività venatoria. In sostanza io stavo sempre dietro all'allievo controllando l'operato e correggendo certe azioni quando lo ritenevo opportuno.

A rotazione di tre quarti d'ora circa seguivo tutti e tre gli allievi.

Nelle acque corse ho approfittato dell' abbondanza di pesce anche per soddisfare alcune esigenze particolari dei miei allievi, tipo mostrare come si imposta la cattura della corvina o di altre specie. Era facile che qualche allievo mi chiedesse di "andare a dentici", allora sincronizzavo le nostre discese sul fondo e indicavo dove realizzare l'appostamento al mio fianco perchè potevo mostrare solo la pesca all'aspetto dinamico, l'agguato al dentice è casuale e non sistematico.

Dopo la lezione, come negli altri giorni del corso, lasciavo due ore di pesca libera senza l'assillo del Maestro che correggeva ogni errore, interrompendo l'azione di pesca e la concentrazione venatoria che deve sempre caratterizzare strategie dinamiche come l'agguato.

Troverete riferimenti a queste esperienze nei diari

  • n° 35 giugno 2003
  • n° 27 12/11/2002
  • n° 26 10/07/2002
  • n° 25 giugno 2002
  • n° 24 25/04/2002
  • n° 19 maggio 2001