L'Apnea nella pesca subacquea

E ' con un certo imbarazzo che scrivo questo articolo che non vuole essere un articolo tecnico su basi fisiologiche ma un articolo divulgativo nel quale proporre alcune riflessioni sull'uso della apnea nella pesca subacquea, soprattutto in questo momento storico ove la diffusione delle scuole di apnea è particolarmente capillare in Italia, mentre ancora troppi pescatori muoiono di sincope (anche se questa morte viene statisticamente inquadrata nella morte per annegamento).

Il mio imbarazzo è dovuto alla mia figura mediatica di Maestro di pesca subacquea che non si è mai voluto proporre come Maestro di apnea, tanto è vero che nei corsi di pesca che ho tenuto nel passato per un armatore di charter in barca a vela, lasciavo tenere le lezioni teoriche sulle tecniche dell'apnea a Davide Carrera (istruttore di Apnea Accademy e campione del mondo di apnea) che in quella circostanza, essendo anche un ottimo velista, fungeva da skipper della barca del corso "Settimane blu".

La distinzione tra l'apnea pura e l'apnea adottata nella pesca subacquea è necessaria perché presuppone una preparazione psicofisica diversa.

A questo proposito voglio fare un esempio che ha caratterizzato anche una fase della mia lunga vita agonistica: dai 16 ai 28 anni ho praticato il nuoto agonistico con buoni risultati, ma quando (più per la mia mente che per l'età) gli allenamenti sono diventati troppo "pesanti", sono passato alla pallanuoto. Mi sono reso conto allora che tutto l'allenamento che avevo come nuotatore serviva a poco nella nuova disciplina fatta di brevi scatti di nuoto dalla potenza esplosiva in una posizione per me innaturale, a testa alta. Ho concluso perciò che il nuoto per la pallanuoto era assai diverso dal nuoto per il nuoto puro ed ho iniziato un allenamento specifico fatto di partenze da fermo con la sforbiciata delle gambe a testa alta e di scatti brevissimi in "interval training"con riposo di pochissimi secondi.

Dopo il parallelo che ho voluto creare con questo esempio, voglio conseguentemente affermare che l'apnea della pesca è diversa dalla apnea pura e presuppone una preparazione psicofisica differente!

Questa consapevolezza ha ricevuto la conferma quando più di dieci anni fa sono stato seguito da ottimi apneisti nelle riprese filmate dei miei documentari di pesca: apneisti che raggiungevano facilmente i 60 metri di profondità si sono trovati in difficoltà nel seguire i miei ritmi abituali di apnea da pescatore.

L'apnea del pescatore è prevalentemente in assetto costante, l'assetto variabile viene praticato solo in situazioni particolari dalla maggior parte dei pescatori ed anche da me, questo vuol dire che un pescatore in apnea, salendo e scendendo con la sua zavorra, con tempi brevi di recupero, dopo un paio d'ore di pesca può aver consumato uno sproposito di energie fisiche rispetto allo standard di vita quotidiano, dopo quattro o più ore può essere vicino al collasso fisico.

Il pescatore subacqueo di buon livello opera prevalentemente in debito d'ossigeno e l'attività anaerobica per il nostro organismo è massacrante!

L'allenamento alla pesca in apnea è durissimo rapportato a quello di molte altre discipline e richiede doti fuori dal comune.

Il pescatore subacqueo si trova in una situazione ben diversa dall'apneista puro che fondamentalmente "gioca nell'acqua".

Particolarmente interessante la filosofia dell'apnea di J. Majol fondata sul pranajama che ha trovato in Pelizzari e nella scuola di Apnea Accademy la massima espressione di insegnamento internazionale, ma è una disciplina diversa rispetto all'apnea per la pesca, esattamente come il nuoto puro e il nuoto del pallanuotista.

Ricordo al lettore che Majol alle prime lezioni tenute ad Umberto gli disse di dimenticare orologi e computer d'apnea perché quella che stava per imparare non era una apnea "fisica" ma un'apnea mentale.

Tutto ciò è valido sul tuffo singolo o su un numero limitato di immersioni per l'apnea statica, per l'apnea come conoscenza delle nostre possibilità fisiche -mentali, ma non la ritengo valida applicata nello stress della pesca, della fatica estrema del lavoro muscolare anaerobico prolungato.

E' inutile raccontare come nei venticinque anni di pratica costante della pesca subacquea, quasi giornaliera, mi sia dovuto imporre un particolare regime di vita: tre giorni di pesca, uno di riposo, due di pesca uno di risposo e così di settimana in settimana, per venticinque anni!

Un lavoro fisico bestiale che mi lasciava alla fine della pescata giornaliera senza forze: due ore costretto per forza a riposare, spesso con dolori muscolari alle gambe per i quali dovevo applicarmi in esercizi defaticanti e praticando massaggi particolari.

L'apnea per la pesca può servirsi delle tecniche per l'apnea pura, ma partendo da un fisico molto allenato e per un numero limitato di immersioni.

Alla illusione che l'apnea sia solo un "fatto di testa" come si sente insegnare da certi istruttori di apnea, io aggiungo che è fatto anche e soprattutto di gambe molto allenate e di un fisico predisposto al lavoro anaerobico.

Un altro particolare della mia esperienza di pescatore in apnea è particolarmente illuminante: non sempre riuscivo a recuperare lo sforzo del giorno precedente e dovevo constatare, con un certo disappunto, che dove riuscivo a immergermi pescando comodamente il giorno precedente, non riuscivo più il giorno successivo.

Pratico tecniche di training autogeno fin dai tempi delle mie gare di nuoto come conseguenza degli insegnamenti del mio allenatore tedesco Piel, quindi dagli anni '60 molto prima delle mode introdotte da Majol, e questa tecnica di concentrazione ha rappresentato da sempre una componente importante della preparazione della mia apnea.

L'immersione non soddisfacente dal punto di vista delle prestazioni non era dovuta perciò ad un difetto di concentrazione, ma alla condizione fisica non ottimale, se in quelle condizioni avessi voluto praticare un'apnea mentale sarei andato incontro al rischio di una sincope, evento mai avvenuto nella mia vita anche a livello di stati pre-sincopali come il "Samba" (più di 50.000 ore di pesca senza rischi).

- L'apnea del pescatore dato che si protrae per diverse ore porta alla assuefazione alle alte concentrazioni di CO2 nel sangue e a sensazioni che si acquisiscono solo negli anni, certo non in un corso di qualche settimana.

- L'apnea del pescatore che si protrae per diverse ore porta al rilascio di endorfine, una droga naturale che congiuntamente alla assuefazione alla CO2 instaura nella mente sensazioni di benessere, un senso di poter prolungare l'apnea indefinitamente. Anche questa sensazione ha bisogno di molti anni di pratica dell'apnea fisica per renderla distinguibile da altri stati metabolici.

- Il pescatore in apnea è quasi sempre solo con queste sensazioni ingannevoli e serve a poco raccomandare di andare in coppia quando l'abitudine è di allontanarsi l'uno dall'altro per ragioni venatorie ed anche in caso di sincope di uno dei due pescatori il soccorso del compagno sincopato è pressoché impossibile se il corpo giace a trenta metri di profondità.

Concludo queste riflessioni augurandomi che le scuole di apnea (che sempre consiglio ai miei clienti) pongano una particolare attenzione all'allievo pescatore apneista, trasmettendo insegnamenti specifici al tipo di apnea che andrà a svolgere nella pratica della sua disciplina che spero di aver chiarito è diversa da quella dell'apnea pura.