n. 02 - Chi siamo

Chi Siamo #2
" tutti noi dovremmo avere un posto, un rifugio, come le isole Chatham".
Forse noi pescatori subacquei questo rifugio lo abbiamo trovato nel mare, così
a portata di mano eppure così "fuori " da ogni aggancio con la vita terrestre.
A pensarci bene ,chi si immerge per cacciare si muove indietro nel tempo, in
un mondo che ci riporta veramente ai primordi al fascino del mondo sommerso
primordiale...
Leggendo di quel popolo sognatore e sfortunato, mi viene in mente l'epopea
dei nativi Americani, forse il più visibile esempio di quell'opera di pulizia etnica
e culturale di cui tanto efficacemente parli: adesso non le ho sottomano, ma mi
piacerebbe inviarti le parole di un nativo americano sul rapporto con la terra e
sull'impossibilità ( fatale per loro..) di concepire un sistema di vita , quello dei
coloni bianchi, che prevedeva la violenza, anche fisicamente parlando( leggi "
agricoltura" ), da infliggere alla madre terra che forniva l'uomo di tutto ciò di
cui aveva bisogno ( selvaggina, spazi aperti...); sono parole che non possono
lasciare insensibile un uomo, e che hanno in se un terrificante messaggio
profetico sulle nostre sorti. Cercherò di fartele avere se già non le avessi... Mi
piace pensare che comunque in futuro il nostro ancestrale istinto venga
comunque fuori , anche se il nostro mondo impazzito ci considera degli
anacronistici personaggi; così come è facile osservare anche nel più innocuo
cagnolino da compagnia, frutto di chissà quali manipolazioni genetiche, un
agitarsi di antichi istinti primordiali legati alla sua ascendenza selvaggia.
Così l'insopprimibile istinto del cacciatore sarà sempre con noi. Solo che, ora,
noi siamo gli unici umani che lo incanalano in quelli che sono gli alvei naturali ,
cioè la predazione, così, senza ipocrisie, godendo del recupero dell'istinto
primario perchè legato alla lotta per la vita. Ahimè, troppi usano in maniera
distorta tali pulsioni per scopi che sono del tutto criticabili ( feroce arrivismo in
primis...).
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Quando il mare monta fino a frangersi sulla prua del gommone spruzzandomi
abbondantemente il viso e il vento mi stacca il cappuccio dalla pelle, e non
condivido con nessuno la burrasca incipiente, ho la sensazione di essere un
alieno di un mondo perso in altra galassia.
D’estate, sollevo la testa tra i bolidi che sfrecciano rombando sulle onde, poi
immergo il viso e guardo i pesci che galleggiano nella colonna d’acqua,
chiedendomi quale dei due mondi sia più coerente.
Allora, mi guardo dentro per avere una certezza: trovo le pulsioni che la parte
cosciente di me filtra , interpreta nella chiave dell’uomo moderno che prova
pietà per la vita stroncata da un’asta appuntita, ma solo dopo l’evento fatale.
Prima è solo l’eccitazione del cacciatore : l’inseguimento, l’appostamento, la
cattura. Gli ormoni trascinati nel sangue mettono in vibrazione le corde più
antiche dei nostri circuiti mentali.
In questa doppiezza si concentra la contraddizione dell’essere “uomo”: un
animale troppo intelligente e troppo evoluto per sentirsi ferino.
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Abbiamo perso l’identità d’animali terrestri, il ruolo di esseri viventi in lotta ma
in equilibrio con le altre forme di vita.
Il nostro cervello è cresciuto come un frutto irreale fino a diventare, alieno,
sulla madre terra.
Un processo evolutivo impazzito e irreversibile ci ha trasformato in creature
troppo intelligenti, ma troppo stupide per capire le regole del pianeta.
Il corpo animale e la mente di un dio folle acuiscono il distacco dal “ naturale”.
Infranta la legge della selezione naturale ci avviamo rapidamente al declino
genetico.
C’è un istante nella nostra evoluzione, segnata dal caso, che ha determinato
questo processo, un punto di non ritorno: il primo animale addomesticato, il
primo seme coltivato, la prima gerarchia, la prima città.
Non troveremo più l’equilibrio dell’uomo cacciatore della piccola tribù nomade,
così vulnerabile, così immensamente felice.
Un vago ricordo ancestrale sfugge all’indagine razionale del nostro intimo, nel
circuito neurale più antico, dove la paura e la gioia toccano le oscillazioni più
grandi e ci spinge sul sentiero di caccia dove i sensi provano ancora il brivido
delle antiche emozioni.
Degli umani, noi siamo gli ultimi a vivere lo spirito della terra, gli altri, i
mutanti, guardano dal vuoto siderale, un pianeta che non è già più loro,
segnati da un destino che li allontana verso le stelle.
Giorgio Dapiran 11/2000